FILIPPO TERZAGHI (ASSOBIRRA): BIRRA PRODOTTO NATURALE E ATTENTO ALL’AMBIENTE
Ogni anno 600 produttori, tra industriali e artigianali, effettuano in media 70mila controlli per garantire un prodotto assolutamente salubre e di qualità. In 20 anni, produzione sempre più “green” con abbattimento di circa 2/3 di quantità di acqua utilizzata
Martedì 17 febbraio 2015 — “La birra è ancora oggi realizzata secondo la stessa ricetta originale, usando acqua, orzo, luppolo e lievito. E ogni anno la filiera, per portare una birra dal campo di coltivazione delle materie prime al bicchiere del consumatore, effettua in media oltre 70mila controlli ed analisi sulla qualità del processo e del prodotto. Ormai esistono nel nostro Paese oltre 600 produttori tra industriali ed artigianali, eppure l’attenzione e i controlli che questi dedicano alla realizzazione della birra sono gli stessi per tutti e hanno contribuito a non far registrare mai, in questi anni, “scandali” o situazioni spiacevoli che riguardassero il prodotto. Il fatto che oggi il Corpo Forestale dello Stato ci abbia invitato a parlare ci riempie di orgoglio, perché vuol dire che ci riconosce come un interlocutore attento e rispettabile”, ha dichiarato Filippo Terzaghi, direttore di AssoBirra – Associazione Nazionale dei produttori della Birra e del Malto - intervenendo all’evento “Micro-Maxi: I mille volti della birra”, organizzato dal Corpo Forestale dello Stato.
Ma l’impegno dei produttori non si ferma qui: birra infatti è anche sinonimo di sostenibilità. Il settore birrario italiano rappresenta ormai uno dei più sostenibili e “green” del nostro panorama alimentare. In 20 anni sono state abbattute di circa due terzi le quantità di acqua consumata per produrre la birra, con un risparmio generale che ammonta a 8,8 miliardi di litri, equivalenti al fabbisogno idrico della Valle d’Aosta per un anno. Allo stesso tempo, è diminuito di oltre un quarto il consumo di energia per ettolitro di birra prodotto, passato da 177 MJ a 128 MJ. In misura ancora maggiore (-40% circa) sono diminuite le emissioni di CO2, con un risparmio annuo pari a 62 mila tonnellate. Dal 1990 a oggi, malgrado l’aumento dei volumi produttivi e della percentuale di birra in bottiglia, il quantitativo di vetro è diminuito del 20% (da 522 mila a 404 mila tonnellate annue) grazie alla riduzione dello spessore. Analogamente, alleggerendo il peso delle lattine contenitore (da 17 a 13 grammi), il quantitativo di alluminio impiegato è sceso del 40%. Il 17% del volume di birra è ormai distribuito in fusti: un valore che pochi settori possono vantare per il sistema di distribuzione a minore impatto ambientale secondo le analisi internazionali di Life Cycle Assessment (LCA). Ogni anno oltre 180 mila tonnellate di trebbie, invece di essere avviate allo smaltimento in discarica, sono recuperate e destinate all’alimentazione animale. “La birra – afferma Terzaghi - si conferma un prodotto sostenibile non soltanto per le materie prime utilizzate, tutte naturali, ma anche per il costante impegno del settore volto a ottimizzare il consumo di materie prime. Il livello d’eccellenza conquistato su questo fronte è sicuramente merito anche degli investimenti effettuati sul concetto di “filiera controllata”, che si traduce concretamente anche in importanti collaborazioni, come quella con l’Università di Perugia e il CERB (Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra), che verificano che non ci sia né utilizzo di OGM né presenza di alcun contaminate nelle materie agricole impiegate per fare la birra”.
Eppure, nonostante tutto questo impegno, il settore birrario ha dovuto registrare un grave aumento delle accise sul prodotto, cresciute in circa 18 mesi del +30%. “E’ del 1° gennaio di quest’anno – conclude Terzaghi - l’ultimo aumento di accise che abbiamo dovuto registrare. Oggi 1 sorso su 2 della birra che consumiamo se lo beve il fisco. Abbiamo lanciato una campagna, si chiama “Salva la Tua Birra” e abbiamo raccolto 115mila firme di italiani che hanno detto “no” a questo aumento. L’impegno dell’associazione adesso e nei prossimi mesi sarà quello di cercare di far togliere questo aumento con l’intento di evitare di penalizzare un settore che da lavoro, indotto compreso, a 136mila persone in Italia. E pensare che il settore potrebbe dare molto di più in termini di occupazione: se solo le accise in Italia fossero al livello di Germania o Spagna il settore potrebbe generare 7mila nuovi posti di lavoro in un anno, anche per questo ci battiamo contro una tassa che reputiamo assolutamente ingiusta”.